mercoledì 24 gennaio 2018

Antonio

Carissime, oggi voglio raccontarvi una storia.
Una storia che inizia circa 12 anni fa, Antonio è un bambino rom di 8 anni che con le sorelle e i genitori vive in una piccola baracca in un quartiere vicino al mio. E' bellissimo Antonio, moro con grandi occhi neri. Lo conosco per caso, e quasi subito mi dice che vorrebbe tanto imparare a leggere e scrivere, come mio figlio che ha la stessa età. Lo iscrivo a scuola, con il sostegno immediato della mamma. Approfitto e iscrivo anche le sorelle, li prendono tutti nella stessa scuola. Arriva l'inverno, nella baracca piove. Antonio porta dei vestiti puliti a scuola, glieli fanno lasciare in una stanzetta dove lui si cambia prima di andare in classe. Ci tiene ad essere in ordine. A scuola gli vogliono tutti bene, e le maestre spesso gli fanno lezioni extra. Arrivano i vigili, la baracca viene demolita con tutto il contenuto, non possono prendere né abiti né quaderni, nulla. Trovano un nuovo posto sempre in zona, una nuova baracchetta, ma stavolta Antonio lascia a scuola anche i quaderni che gli ho ricomprato. Gli sgomberi si susseguono, uno, due, tre... in nemmeno 2 anni, ben 17. Ogni volta perdono tutto quel poco che hanno. Ma lui e le sorelle, testardi, resistono. Si aggrappano a quei quaderni come ad una scialuppa, leggono e rileggono, imparano a scrivere.
Passano tre anni, ormai Antonio fa le medie, ed inaspettatamente si trova un posto per loro in un centro di accoglienza. Tutta la famiglia si trasferisce, zona opposta della città. Rimaniamo in contatto telefonico ed ogni tanto ci incontriamo. Loro continuano la scuola, tutti, ed entrambi i genitori si arrangiano come possono, lui facendo lavori di facchinaggio e lei spesso chiedendo l'elemosina, raccogliendo oggetti regalati che rivendono poi nei mercatini. La sorella maggiore si sposa giovane e si trasferisce in Francia.
Passa qualche anno ancora, ed eccoci a 2 anni fa. Antonio finisce l'istituto alberghiero. Il centro di accoglienza dove sono ospiti (ah, non hanno mai preso nemmeno un euro) chiude, e li trasferiscono di nuovo. Stavolta in un quartiere abbastanza vicino a me, mezz'ora a piedi. La sorella più piccola la iscriviamo a scuola di mia figlia, nelle scuole più vicine non c'è posto.
La mamma mi dice: "Io so che solo la scuola può cambiare la situazione dei miei figli, è l'unico modo per loro per avere un futuro".
Oggi l'ho incontrata di nuovo. Antonio ha trovato lavoro. Un lavoro vero, in un bar. Fa mansioni di fatica, lo pagano poco. Ma sta imparando a stare al bancone, a servire i clienti, a decorare i cappuccini. 
E' il primo della sua famiglia ad avere un lavoro vero.
Sono orgogliosa e commossa, felice da piangere. 
Penso a Don Milani, a padre Pino Puglisi, a tutti coloro che hanno dedicato e dedicano la vita alla scuola. Penso a come i semi germogliano anche a distanza di tempo, a come a volte le cose che sembrano inutili invece si rivelano fondamentali. Mai stancarsi di fare il bene, mai stancarsi di sperare e sognare sulla vita propria ed altrui, mai dare qualcuno per perduto. Perché, come tante di noi sanno, il bello dei sogni è che a volte si avverano.
Vi abbraccio fortemente.
Giada

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Manzara

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